Arrivando a Cagliari in aereo, è impossibile non notare la sua cupola. La cattedrale di Santa Maria, l’edificio di culto simbolo della città insieme alla basilica di Bonaria, svetta sul quartiere di Castello con una mole imponente, affiancata a Palazzo Regio e all’antico Palazzo di città. La chiesa, lunga 35 metri, larga 34 e alta 32, fu costruita in forme gotico-romaniche. Se ne ha notizia dal 1255: era la cattedrale con patrona santa Cecilia (poi fu intitolata a Santa Maria). Tra XIII e XIV secolo i pisani la ampliarono, ma la veste attuale è il risultato di interventi catalano-aragonesi durati quattro secoli. Con un’appendice a inizio 1900: la facciata barocca in marmo risalente al 1704, ispirata alle cattedrali di Lucca e Pisa, fu smantellata nella vana speranza di trovare sotto quella medioevale. Fu rimpiazzata nel 1931 con una struttura marmorea neoromanica.
Le forme barocche risalgono ai lavori del quinquennio 1669-74: ampliamento della navata centrale e realizzazione di pilastri a sostegno della nuova e più alta copertura e della celebre cupola. I lavori conferirono al Duomo una fisionomia slanciata, esaltandone la maestosità. Dell’originario impianto pisano rimasero torre campanaria, controfacciata, muri perimetrali del transetto e i due portali laterali.
La pianta è a croce latina: tre navate e transetto, pavimento in marmo e cappelle arricchite da opere come il tabernacolo d’argento e la Sacra Spina. Addossato alla parete della navata centrale, c’è il pergamo di Guglielmo, pulpito scolpito per la cattedrale di Pisa, poi trasferito a Cagliari (1312). Di grande valore anche la Madonna col Bambino, scultura lignea dorata (XIV secolo), la lampada d’argento di Giovanni Mameli (1602) e i dipinti del soffitto centrale, opera di Filippo Figari.
Sotto l’altare ecco il santuario dei Martiri, un a cripta scavata nella roccia (1618), che conserva 192 reliquie, distribuite in nicchie, opera di maestri cagliaritani e siciliani. Nella sacrestia è conservato il tesoro della cattedrale: spiccano il Trittico di Clemente VII, attribuito a una bottega fiamminga (XV secolo), il Retablo dei Beneficiati, creazione di artisti napoletani e il meraviglioso paliotto opera di argentieri palermitani.