Nel Medioevo era la chiesa di santa Maria, parrocchiale di Segolay, dopo la scomparsa della villa della Trexenta, nel XIX secolo era conosciuta, oltre che come Santa Mariedda (vezzeggiativo di Maria), anche come chiesa di san Nicola di Bari, attestata così da Vittorio Angius, storico ottocentesco. Una vicenda quasi millenaria, non comprovata da documenti e fatta di ricostruzioni e confusione nella denominazione, caratterizza Nostra Signora della Neve, il santuario più antico di Senorbì. Fu realizzato presumibilmente nell’ultimo quarto del XIII secolo in stile romanico con conci d’arenaria squadrati disposti ordinatamente: sembra che l’originario impianto avesse un’abside semicircolare e aula a navata unica, coperta a capriate lignee. Poi subì varie opere di restauro, tra cui ricostruzione del soffitto e ampliamento dell’aula. La seconda fase edilizia è chiara anche dall’uso di pietre non squadrate e sistemate irregolarmente. L’attuale facciata ingloba quella romanica ed è conclusa, nella parte corrispondente al prospetto antico, da una teoria ascendente di archetti pensili a sesto acuto. Sullo stesso asse verticale vedrai il portale e il campanile a vela di notevoli dimensioni, sproporzionate rispetto a quelle dell’originaria facciata.
La chiesa era parrocchiale del piccolo villaggio di Segolay, documentato dal 1215 e situato su una modesta altura vicino all’attuale periferia di Senorbì. L’area attorno mostra segni di frequentazione dall’età nuragica sino alla fine del XVII secolo, attraverso i domini giudicali, pisano, aragonese e spagnolo. Alla sua scomparsa il territorio fu inglobato in quello di Senorbì anche se una parte fu successivamente reclamata da Suelli. Il culto della Madonna della neve risale al IV secolo sotto il pontificato di papa Liberio. Il primo tempio dedicatole è la basilica romana di santa Maria Maggiore (in origine ad nives), da essa la devozione si diffuse anche nell’Isola, dove sorsero numerosi santuari in suo onore. A Senorbì è celebrata a inizio agosto. È la festa più sentita insieme a quella di santa Vitalia, cui è associato il palio is Cuaddus de santa Vida.
Il quadro devozionale di Senorbì, principale centro della Trexenta, è completato dalla parrocchiale di santa Barbara e dalla seicentesca chiesa di san Sebastiano. Varie dimore padronali impreziosiscono il suo centro storico, in una ottocentesca è allestito il museo archeologico sa Domu nosta. Ci ammirerai testimonianze prenuragiche, tra cui l’idoletto della dea Madre mediterranea, ritrovato in località Turriga; nuragiche, provenienti dall’imponente su Nuraxi della borgata di Sisini e dai nuraghi di Simieri e di monte Uda; e soprattutto puniche rinvenute nell’insediamento della collina di Santu Teru (VI-III a.C.) e dalla connessa necropoli di monte Luna, composta da 120 tombe, per lo più ‘a pozzo’, alcune decorate. I ricchi corredi funebri confermano quanto il centro cartaginese fosse molto fiorente. L’area rappresentò il centro più importante anche in epoca romana.