Unica testimonianza ‘vivente’ di uno villaggio medievale scomparso, sorge in un verde pianoro, con la particolarità di appartenere, per motivi diversi, a due comunità confinanti. La chiesa dedicata a Sant’Antonio abate, conosciuta anche come Sant’Antonio di Briai, si trova nel territorio di Ossi – da cui dista circa sette chilometri -, pur rientrando nella giurisdizione ecclesiastica di Florinas, il cui abitato è più vicino, a poco più di cinque chilometri. Briai (o Briave) era il nome di uno dei numerosi villaggi che nel Medioevo popolavano le curatorie di Coros e Figulinas. Ognuno di essi si sviluppava attorno a una chiesa: oggi di tali abitati resta soltanto qualche traccia tra campi e vegetazione, mentre le rovine di vari santuari continuano a punteggiare il paesaggio, contribuendo ad arricchirne il fascino. Nonostante i contadini di Briai abbandonarono il loro villaggio a partire dal XV secolo, per trasferirsi a Ossi, la venerazione nei confronti del santo non venne mai meno. La chiesa di Sant’Antonio fu infatti l’unica chiesa dei dintorni a rimanere in uso e a essere oggetto di restauri nel corso dei secoli, passando sotto il controllo ‘spirituale’ della parrocchia di Florinas nel XVIII secolo.
L’edificio è in stile romanico, costruito forse nel XII secolo in pietra arenaria locale. Presenta una facciata racchiusa tra due paraste angolari, dove al centro si apre un ingresso architravato con stipiti monolitici. In asse con il portale noterai una finestra cruciforme e, sopra, una teoria di archetti che prosegue lungo gli altri lati della struttura. Sul lato sud, due ingressi tamponati, uno sormontato da una lunetta al cui interno sono incassati due bacini ceramici. L’aula è a navata unica, con copertura a capriate lignee, terminante con abside semicircolare.
Il piazzale della chiesa si anima ogni 16 e 17 gennaio, diventando teatro della festa, condivisa tra i due Comuni, in onore di Sant’Antonio abate. Il momento clou è l’accensione de su fogarone, il tradizionale falò attorno al quale i fedeli partecipano a riti religiosi e momenti di convivialità, con degustazione di dolci e vini. L’area fu adibita a scopi sacri e funerari fin dalla preistoria: sono state rinvenute sepolture risalenti a età prenuragica, mentre lungo il pendio del colle Montigheddu si estende una necropoli romana usata fino al III secolo. In tema di cimiteri dell’Antichità, in un costone calcareo sul fianco sud del vicino monte Memes visiterai la necropoli di Mesu ‘e Montes, con 18 domus de Janas si dispongono quasi come abitazioni ai lati di un sentiero. Tre presentano decorazioni particolarmente elaborate, tutte hanno elementi architettonici, come cornici, finte porte e lesene, tracce di pitture e focolari simbolici. Nel territorio ossese potrai visitare anche le domus de Janas di Noeddale e s’Adde ‘e Asile, quest’ultima impreziosita dall’ipogeo con il maggior numero di ambienti della Sardegna, ben 21.