Dimensioni, complessità e originalità architettonica delle abitazioni e dei luoghi di culto sono i tratti di un’inestimabile eredità della Sardegna nuragica. Il villaggio-santuario di Romanzesu si erge su un altopiano in località Poddi Arvu, in mezzo a un bosco, vicino alla sorgente del fiume Tirso. Fa parte del territorio di Bitti, da cui dista 13 chilometri, e si estende per sette ettari. Tutto in granito, comprende circa cento capanne, molte nascoste dagli alberi, e vari edifici di culto: un tempio a pozzo, con anfiteatro a gradoni, due a megaron, uno rettangolare, uno heeron (con reperti in ambra) e un misterioso labirinto. Il toponimo deriva dall’insediamento romano del II-III secolo d.C. Le prime notizie sul sito sono del 1919: lo scoprì l’archeologo Antonio Taramelli. Sette campagne di scavo a fine XX secolo ci hanno restituito frammenti di oggetti di ceramica, bronzo e piombo.
Il cuore monumentale è il tempio a pozzo (XIII-IX a.C.), dalle cui fenditure sgorga l’acqua sorgiva. Presenta una scala d’accesso, una camera con pavimento e un bancone-sedile lungo la parete. È collegato tramite un corridoio di più di 40 metri a una vasca circolare lastricata, bacino cerimoniale dove si raccoglieva l’acqua. Attorno, sei gradoni di un anfiteatro dove puoi immaginare la popolazione del villaggio assiepata e coinvolta in riti collettivi del culto delle acque: abluzioni e cerimonie politico-religiose, incluse ordalie (richieste d’intervento divino per giudicare delitti). Accanto sono stati rinvenuti tre betili in granito simboleggianti la divinità. Vicino a un tempio a megaron, noterai un recinto ellittico, dentro una serie di muri concentrici a spirale, che con un percorso labirintico portano a un vano centrale: qui un basamento sosteneva un oggetto cultuale. Il labirinto, forse capanna del sacerdote stregone, è del XIII-IX secolo a.C., mentre il villaggio è precedente: le ceramiche restituite dalle capanne attestano l’impianto al XVI a.C., perciò in principio la sorgente era usata solo per l’approvvigionamento idrico. Le capanne sono circolari, con pavimento lastricato e sedili posti attorno al focolare. Alcune sono molto spaziose, con nicchie e muri divisori interni, una ha persino tre ambienti aperti su un cortile comune.
Completa il tour culturale a Bitti, borgo disposto ad anfiteatro intorno alla chiesa di san Giorgio martire, con una visita al museo della Civiltà contadina e pastorale, al cui interno c’è il museo multimediale del canto a Tenore, dedicato al canto polifonico, patrimonio Unesco, che ha reso Bitti celebre nel mondo.