Sorge a oltre 500 metri d’altezza sulle pendici del monte Rasu in mezzo a una grande varietà di paesaggi. Bono, considerato il ‘capoluogo’ del Goceano, è un paese di 3600 abitanti in provincia di Sassari, che mantiene uno stretto legame col Nuorese. È un tipico borgo agropastorale con tradizioni artigiane: lavorazione di ferro e legno, tessitura con antichi telai e panificazione. Un continuo alternarsi di pianure e rilievi caratterizza il suo multiforme territorio, che si estende dalla valle del Tirso al Rasu, la cui vetta è sa Punta Manna (1259 metri). Sul suo pendio da non perdere la suggestiva località sos Nibberos, che include la foresta di tassi più ampia d’Italia, monumento naturale: alcuni esemplari millenari sono alti oltre 15 metri. Mentre nell’oasi naturalistica di monte Pisanu, in mezzo a vari laghetti, sono state impiantate specie come cedro atlantico, roverelle, tuie giganti e abete bianco.
Tra XII e XIII secolo Bono apparteneva al giudicato di Torres, in quel periodo sorse, in stile romanico-pisano, il primo impianto dell’attuale parrocchiale di san Michele arcangelo, ampliata a fine XVI secolo, che conserva una quattrocentesca statua lignea del santo e un trecentesco calice d’argento dorato. La facciata in trachite rosa è del XIV secolo, impreziosita dal portale con snelle colonne e archetti pensili e da uno splendido rosone, proveniente da un convento sul Rasu, uno dei più antichi dell’Isola. Dal monastero proviene anche la statua di san Francesco d’Assisi custodita, insieme a quelle di altri santi nella chiesa di san Raimondo, celebrato tra fine agosto e inizio settembre con una processione in cui sono protagonisti abiti tradizionali, carri a buoi addobbati, cavalieri e antichi strumenti musicali. Molto sentiti sono anche i fuochi di sant’Antonio abate il 16 gennaio, con offerta di vino e cogones, caratteristiche focacce. Il santuario a lui intitolato è del XVIII secolo, così come quello di sant’Efisio, mentre San Giovanni battista è del XVI secolo. Dell’inizio del nuovo millennio (2001) è Nostra Signora di Bonaria che custodisce un bel simulacro della Vergine. Un’altra celebrazione va in scena il 30 novembre, la notte di sant’Andria, del tutto simile alla festa di Halloween. A valle del paese, troverai cinque chiese campestri: è ciò che rimane della villa abbandonato di Lorthia, da cui deriverebbe la popolazione bonese, la più antica, romanica, è dedicata ai martiri turritani Gavino, Proto e Giannuario. Le altre sono Santa Restituta, con tipiche cumbessias, San Nicola con facciata romanica, Santa Barbara, sorta sulle rovine di un nuraghe, e Sant’Ambrogio.
Sotto il regno dei Savoia, in seguito alla partecipazione ai moti antifeudali del personaggio più celebre di Bono, Giovanni Maria Angioy (1796), figura di spicco del XIX secolo sardo, il borgo fu attaccato dalle truppe piemontesi. Un murale dell’artista Liliana Canu in piazza Bialada ricorda i moti e il suo protagonista.