Una necropoli con ricchi corredi funerari, le tracce del villaggio da cui dipendeva e un moderno museo custode dei reperti dei due siti raccontano quanto fosse prospera la comunità punica insediatasi tra le silenziose colline della Trexenta e di come incise profondamente in un territorio abitato sin dalla preistoria e che, dopo il dominio punico, divenne ‘granaio di Roma’. L’insediamento nacque a fine VI secolo a.C. sull’altura di Santu Teru (Teodoro), a due chilometri dall’attuale abitato di Senorbì, vicino alla confluenza di due torrenti, in una zona fertile e strategica, un luogo abitato sin dal Neolitico recente come dimostrano frammenti di ceramica decorata e oggetti in ossidiana del IV millennio a.C.
Il sito, avamposto della penetrazione cartaginese, seguita alla conquista dell’Isola, si sviluppò tra V e III a.C. come fiorente centro agricolo. Oggi vedrai i ruderi dell’acropoli circondata da una cortina muraria e, all’esterno, resti di abitazioni e altri ambienti, forse officine fusorie. Gli abitanti di Santu Teru erano sepolti in necropoli vicine, una a poche decine di metri dall’abitato, sulle pendici del Monte Luna, dove sono state individuate oltre 120 tombe, in gran parte realizzate ‘a pozzo’ con camere sepolcrali sui lati contenenti uno o due defunti. Sul pavimento degli ipogei sono ricavate vaschette votive, nicchie sulle pareti, dove osserverai anche tracce di dipinti murali in ocra rossa, raffiguranti motivi geometrici e lineari. La necropoli comprende anche sepolture ‘a fossa’ con gradini, ‘a fossa terragna’ semplice (le più antiche), ‘a cassone’, in loculi e a enchytrismos (dentro anfore), per i bambini. Le tombe più superficiali erano segnalate da cippi o tumuli. I corredi funebri raccontano di una civiltà ricca, di benessere e progresso: anfore, brocche, piatti, unguentari, vasetti, lucerne, monete, nonché manufatti d’ispirazione egizia e d’importazione greca e centro-italica (del IV-III a.C.), che confermano gli scambi col Mediterraneo centro-orientale. Soprattutto i gioielli in oro e argento testimoniano lo sfarzo della comunità: anelli e pendenti con scarabei incastonati, bracciali, collane, diademi, un gran numero di amuleti, in vari materiali e oggettini in bronzo. Il villaggio fu abbandonato nel III secolo a.C. Successivamente Monte Luna rappresentò il centro più rilevante di epoca romana. I corredi funebri e altri reperti del parco archeologico sono esposti nel museo sa Domu Nosta, allestito in un’ottocentesca casa padronale ‘a corte’ del paese. Le sale espositive documentano la continuità di insediamenti dal Neolitico recente al Medioevo nel territorio di Senorbì, compresa l’età nuragica con reperti che provengono dall’imponente su Nuraxi di Sisini e dai resti dei nuraghi di Simieri e di monte Uda. Famoso reperto rinvenuto vicino al paese, è il miles cornutus, bronzetto che raffigura un guerriero con altissime corna sull’elmo, custodito nel museo archeologico nazionale di Cagliari. Completa l’esposizione una sezione etnografica. Oltre a sa Domu Nosta, altre dimore antiche impreziosiscono il centro principale della Trexenta, ‘fitto’ intreccio di strade strette, al cui interno si trovano la parrocchiale di santa Barbara, la seicentesca chiesa di san Sebastiano e la chiesa di santa Mariedda, costruita a fine XIII secolo come santuario della villa di Segolay.