Esteso ai piedi del monte Arcosu e bagnato dallo stagno di Cagliari - noto come santa Gilla - Capoterra è un centro di circa 23 mila abitanti alle porte sud-occidentali del capoluogo della Sardegna. Nel suo vasto territorio, abitato sin da epoca prenuragica, si intrecciano natura e storia. Paesaggi incantevoli e di notevole interesse troverai sull’Arcosu, quasi quattromila ettari di foresta, con un ‘cuore’ di lecci e sugheri, attorniati da macchia mediterranea, dove si aggirano indisturbati cervo sardo e daino. Il parco è irrorato da corsi d’acqua e cascate. Mentre all’interno dei 1300 ettari della laguna cagliaritana, una delle oasi avifaunistica più importanti d’Europa, rientra lo stagno di Capoterra, dove da comode postazioni potrai osservare fenicotteri e cavalieri d’Italia. Qui vicino, in località Cuccuru Ibba, restano tracce risalenti al Neolitico: un’officina litica e capanne circolari. In varie località spiccano ruderi di epoca nuragica, necropoli e torri, in particolare il nuraghe Monti Arrubiu. A epoca punica (V-IV secolo a.C.) risale un insediamento a su Loi e una necropoli in località Sant’Antonio. Dalla storia all’astrofisica: nei rilievi vicini alla frazione di Poggio dei Pini svetta l’osservatorio astronomico frequentato da equipe internazionali di scienziati.
Il nome deriva dal latino Caput terrae: nel periodo romano il centro urbano (forse un oppidum) si sviluppò vicino alla laguna. In età giudicale fu villa della curatoria di Nora e, dal 1120, del giudicato di Cagliari. Dopo passaggio alla signoria pisana e successivamente conquista aragonese, il paese fu distrutto e disabitato per tre secoli. Fino a metà Seicento quando il barone Girolamo Torrelas decise di ripopolarlo, concedendo a famiglie di altre parti della Sardegna appezzamenti di terreno e ‘buone condizioni’ per sfuggire a pendenze con la giustizia minore.
All’interno del paese si segnala per storia e tradizione la parrocchiale di sant’Efisio, patrono del paese, il cui nucleo originario si chiamava non a caso Villa sant’Efisio. Identità e leggenda si materializzano nella chiesa di santa Barbara de Montes, di epoca romanica, eretta sulle pendici orientali dei monti capoterresi. A 50 metri dalla chiesa i monaci basiliani costruirono una cappella, dove si racconta che la martire cagliaritana Barbara fosse stata decapitata durante la persecuzione cristiana. La testa, cadendo, avrebbe originato una sorgente, tuttora attiva, sa Scabizzada (la decapitata). L’area attorno diventò nel XX secolo residenza estiva di famiglie cagliaritane: vedrai bellissime ville immerse tra palme e olivi secolari.