È stata rinvenuta nel 1997 durante i lavori nel giardino di una casa, oggi bed&breakfast, nella periferia di Mamoiada, borgo della Barbagia di Ollolai, a venti chilometri da Nuoro, dove tuttora giace, anche se in origine forse era posta a vegliare su un’area sacra frequentata dagli abitanti di un villaggio neolitico, di cui restano tracce non lontano. La Stele di Boeli, meglio conosciuta come sa Perda Pintà, ossia ‘la pietra decorata’, è un megalite di granito lavorato e inciso risalente alla cultura di Ozieri, ossia al Neolitico finale (3000 a.C. circa). È l’unica pervenutaci integra, decisamente la più grande e rappresentativa di una serie di lastre simili rintracciate nel territorio del borgo mamoiadino, celebre per le maschere carnevalesche Mamuthones e Issohadores e il cannonau.
La stele è una grossa lastra di granito infissa nel terreno, di forma irregolare, finemente lavorata e rifinita nelle due superfici maggiori, con sezione piano-convessa e sommità centinata e arcuata. La statua-menhir, alta quasi tre metri, larga più di due e spessa circa mezzo, presenta caratteristiche quasi uniche in Sardegna: la superficie della faccia principale è decorata con una serie di cerchi concentrici– da un minimo di due a massimo sette - incisi a basso rilievo intorno a una coppella e intersecati da un’incisione rettilinea verticale che termina con un’appendice arcuata. Completano la decorazione 23 coppelle di varie dimensioni – la maggiore con diametro di venti centimetri - che si addensano nelle parti superiore e inferiore sinistra, dove sono scavate sette coppelle a semicerchio. Le incisioni, di grande valore iconografico, sono analoghe a quelle di pietre trovate nell’area celtica. I simboli conferiscono al monumento una valenza sacrale e magica. Sono collegabili a culti legati a fertilità e ciclo di morte e rinascita della natura e delle stagioni, peculiari della religiosità delle comunità agricole di età neolitica. Non è da escludere anche l’ipotesi che il monumento sia dedicato all’acqua, legato a ringraziamenti al dio che la fa sgorgare copiosa nel territorio. Secondo alcuni rappresenterebbero onde concentriche, reazione dell’acqua quando vi si getta un sassolino. Secondo altri studi i simboli riconducono al culto della dea Madre, portatrice di fertilità e abbondanza.
Nel territorio di Mamoiada sono state rintracciate altre lastre istoriate, molto più piccole e non integre, con simbologie a cerchi e coppelle simili, tra cui una spezzata in due tronconi in località Garaunele, un’altra ritrovata in più parti a s’Ena manna. Un frammento di menhir è stato ritrovato a su Rosariu con scolpito un piccolo cerchio concentrico. Il fenomeno è tipico solo del piccolo centro barbaricino, sconosciuto in Sardegna sino a pochi anni fa ed estremamente diffuso in tutta l’area celtica: in Scozia, Irlanda, Galles, Bretagna, penisola iberica, Piemonte e Svizzera. È testimonianza di legame e continuità tra protosardi e cultura neolitica europea. In Sardegna, altri esempi di incisioni a cerchi concentrici si trovano nella domus di s’Incantu a Putifigari, in Ogliastra - in località Pirarba (Barisardo) e in località Scerì (Ilbono), a Fonni nella necropoli di Madau, in Baronia a Irgoli e nel Mandrolisai ad Atzara.