Ai piedi del promontorio su cui svetta la torre di Chia, eretta dagli spagnoli nel XVII secolo a difesa del litorale dalle incursioni dei pirati, affiorano dal mare a poco a poco rovine dalla storia antica della Sardegna. Fu inizialmente una mareggiata, negli anni Venti del XX secolo, a riportare alla luce tracce di una necropoli, negli anni successivi alcune campagne di scavo permisero di rivelare i ruderi di un’antica città, un patrimonio archeologico di inestimabile valore. Un tesoro dimenticato da secoli, contornato da una serie di spiagge da sogno, le ‘sette perle’ di Chia, rinomata località turistica che dà lustro al Comune di Domus de Maria.

Un’iscrizione neopunica scolpita in uno dei ruderi restituiti dal mare, identificato come edificio sacro, consegnò alla storia anche il nome del misterioso sito: Bithia. Oggi sappiamo che fu abitata per oltre un millennio, dall’VIII-VII secolo a.C. fino al VI d.C., sinché, durante le ultime fasi dell’impero romano, le ‘libere’ scorribande piratesche nel Mediterraneo occidentale costrinse i suoi abitanti a riparare verso l’entroterra. Sino ad allora, Bithia, sorta su un preesistente abitato nuragico, doveva essere un florido centro portuale, prima fenicio, poi punico, infine romano.