È uno dei pozzi sacri esteticamente più belli della Sardegna, e ha qualcosa in più: la sua sommità rappresenta un vero e proprio rompicapo. La struttura che si innesta sulla copertura a tholos della fonte nuragica di is Pirois, nel territorio di Villaputzu, è da decenni oggetto di dibattito. Il pozzo viene comunemente datato al Bronzo medio, tra il XVIII e XV secolo a.C., ma alcune similitudini con il non lontano pozzo di Funtana Coberta di Ballao e con il santuario di Santa Cristina a Paulilatino potrebbero spostarne in avanti la datazione, forse intorno al XIV secolo a.C. L’opera architettonica si trova in vetta a una collinetta, adattandosi al pendio. L’atrio è delimitato da due paramenti murari in granito; dall’ingresso architravato partono dei gradini che conducono alla fonte, racchiusa in una camera voltata con una pseudocupola. Il paramento è realizzato con lastrini di scisto, disposti in maniera regolare, mentre la serie di architravi è disposta a ‘scala rovesciata’, tipica dei pozzi sacri isolani. La sorgente d’acqua è ancora attiva e ha carattere perenne.
La caratteristica più originale del sito è issata sulla sua cima: noterai un vano circolare, apparentemente privo di ingressi. Al centro del pavimento, in corrispondenza del culmine della tholos che copre la camera del pozzo, si apre un foro, mentre su un lato compare una piccola nicchia. La struttura viene identificata da molti come un nuraghe monotorre, che renderebbe is Pirois l’unico caso documentato in Sardegna di pozzo sacro con nuraghe impostato su di esso. Ma l’assenza di un ingresso, la regolarità dei conci del perimetro murario – dove non si notano tamponature – e gli elementi interni, foro e nicchia -, hanno fatto ipotizzare funzioni cultuali o addirittura pratiche. A is Pirois, contrariamente ai pozzi sacri più noti, i raggi di sole non raggiungono lo specchio d’acqua della sorgente tramite l’ingresso, bensì attraverso il foro. Il sistema di riflessi della luce solare sull’acqua e poi sui conci dell’architrave, in particolari periodi dell’anno, sarebbe da collegare a riti compiuti dai sacerdoti, forse persino collegati a un sistema di ‘valutazione’ della disponibilità d’acqua per i campi e per il bestiame, da interpretarsi in base a dove si manifestava il riflesso della luce. Anche la nicchia risponderebbe a questo scopo, essendo collegata a un incavo presente tra due conci della ‘scala rovesciata’: I due elementi architettonici, in corrispondenza di determinate posizioni del sole, permetterebbero la proiezione di un raggio di luce nello spiazzo davanti all’ingresso, fenomeno interpretato come divino in epoca nuragica.
I reperti rinvenuti nei dintorni testimoniano una frequentazione del sito che proseguì in epoca romana e altomedievale. Inoltre nella zona sono state individuate tracce di capanne circolari e sulla cima di una collina di fronte al pozzo si erge il nuraghe Nurresu, testimoni di un importante insediamento durante l’età del Bronzo. Pochi chilometri a sud, farai un tuffo nel Medioevo visitando i due monumenti più famosi del salto di Quirra: l’omonimo castello e la chiesa di San Nicola, interamente di mattoni in cotto.