Tra le insenature della laguna di Marceddì e lo stagno di San Giovanni, dove un tempo regnava Neapolis, città fondata dai fenici, occupata dai punici, poi centro romano e bizantino, sorge Terralba, cittadina del Campidano di Oristano, da cui dista 25 chilometri. Nota per angurie gavina e cantina sociale (istituita nel 1948), che produce monica e nuragus, con oltre diecimila abitanti è il secondo centro più popoloso dell’Oristanese. I due stagni, ecosistema protetto di 1800 ettari, ospitano oltre 5000 uccelli. Vi nidificano specie rare come airone rosso, falchetto di palude, fenicottero rosa e pollo sultano. Molteplici le varietà ittiche: da sempre vi è praticata la pesca. Dalla borgata di Marceddì, a dodici chilometri dalla città, arrivano anguille, muggini, arselle e cozze (nieddittas). Il villaggio, impreziosito dal museo del mare, si anima dopo Ferragosto in occasione della sagra della Madonna di Bonaria, con processioni a terra e nello stagno.
La leggenda racconta che qui sorgesse il villaggio di Osea, fondato da Ercole libico 364 anni prima di Roma (1000 a.C.). Le incursioni saracene costrinsero gli abitanti a trasferirsi nella vicina Neapolis, cinta da mura provviste di torri angolari e acquedotti: vedrai i ruderi nello stagno di san Giovanni. La città, grande e bella in epoca tardo-imperiale, fu importante anche nell’alto Medioevo. Cadde attorno all’anno mille per mano dei barbari: forse nel 1017 i superstiti fondarono Terralba, che la sostituì sia come capoluogo di curatoria all’interno del giudicato d’Arborea che come sede vescovile. Il toponimo comparve nel 1048: viene da terra e alba (chiara). Con i neapolitani si trasferì anche il vescovo Mariano I: in quel tempo a Terralba c’era la chiesetta di santa Maria, la ‘dimensione’ episcopale e l’immediata floridezza diedero risorse per costruire (1144) la chiesa romanica in onore del patrono san Pietro. Su quest’impianto antico (in rovina) fu realizzata tra 1820 e 1933la nuova maestosa cattedrale di san Pietro, in forma tardo-barocca, che custodisce capitelli di Neapolis e dell’ex cattedrale, fonte battesimale e pulpito ligneo del XVII secolo, una preziosa croce argentea e statue di santo e Madonna. Il patrono è celebrato a fine giugno. Altro santuario dell’abitato è la chiesa di san Ciriaco, fondata nel 1741 e riconsacrata nel 1958, che conserva un quadro di padre Lilliu, sarcofago di Maria bambina, tabernacolo del vecchio edificio e due statue del santo, la minore usata durante la processione dell’8 agosto. Di inizio XX secolo sono due edifici ‘liberty’: scuole elementari di via Roma e casa comunale. Di epoca feudale restano tre torri litoranee: Flumentorgiu, Marceddì e Torre Nuova. ‘Figlia’ della bonifica del 1919-28 è la frazione Tanca Marchese, dove a metà gennaio, si accendono i fuochi di sant’Antonio abate, per tradizione inizio del carnevale, caratterizzato da sfilate allegoriche con zeppole e malloreddus alla campidanese. I primi insediamenti umani (a San Giovanni, San Ciriaco e Bau Angius) risalgono al VII millennio a.C., grazie a suoli fertili, stagni pescosi e giacimenti di ossidiana del monte Arci. Il terralbese offra anche siti nuragici, tra cui i villaggi di Pomata e Coddu su Fennugu, e una densità di testimonianze puniche (fine V-fine III secolo a.C.) senza confronti con altri contesti mediterranei. In località Pauli Putzu sono state rinvenute dieci tombe romane con corredo, in città è venuta alla luce una vasca di una fattoria. Alcuni reperti sono conservati nel museo storico-etnografico Eliseo.