Regna il silenzio qui, e tutti gli edifici, i pozzi e la laveria, i forni per la calce e i ‘cameroni’ degli operai sembrano dormire un sonno infinito. Chiudendo per un attimo gli occhi sarà facile immaginare la vita nel villaggio di Malacalzetta quando era nel pieno della sua vitalità, durante i primi decenni del XX secolo. Duecento minatori, le loro famiglie, impiegati, funzionari e dirigenti animavano vie, piazze, uffici, abitazioni e, soprattutto, gli impianti di estrazione. Il borgo giace nella valle di Oridda, a ridosso del massiccio del Marganai, tra Iglesias e Fluminimaggiore.
La sua origine, comune a tante altre miniere dell’Iglesiente, risale sino alla dominazione pisana nel Medioevo. Le tracce dei numerosi pozzi scavati secoli addietro furono rinvenute nel XVIII secolo, scatenando una vera e propria ‘caccia’ all’argento fino alla prima concessione ‘ufficiale’, nel 1880, alla Società anonima per le miniere di Lanusei. Tra fine del XIX e inizio XX secolo si costruirono forni, una piccola laveria in pietra e le prime strutture adibite ad alloggi e uffici. Al termine della prima guerra mondiale il destino di Malacalzetta si intrecciò con quello del vicino villaggio di Arenas, accomunati dalla stessa gestione e collegati da una ferrovia. La costruzione di un moderno impianto di flottazione diede ulteriore impulso all’attività estrattiva, che raggiunse le 90 mila tonnellate nei primi anni Sessanta. Poi iniziò il declino, comune a tutto il bacino minerario del Sulcis-Iglesiente, con la chiusura definitiva avvenuta nel 1986.
Oggi, aggirandoti per il villaggio fantasma, osserverai un piazzale alberato sul quale sorgono gli uffici della direzione, l’infermeria, la cantina e il circolo ricreativo. In una radura vicina si ergono, distanziati tra loro, i ‘cameroni’, gli alloggi per gli operai scapoli, a pianta longitudinale a uno o due piani, con porte e finestre in asse. Qui, in realtà, qualcuno ancora vi dimora: qualche capretta potrebbe affacciarsi dalle aperture, incuriosita dall’interruzione della loro quiete. In località Baueddu ammirerai invece i resti della laveria, sorretta da ampie ed eleganti arcate, accanto noterai i forni per la calcinazione.
Il primo tratto dell’antica ferrovia che collegava i siti di Malacalzetta e Arenas è immerso in un rigoglioso bosco di lecci. Il tracciato poi si distende a fianco a muretti a secco lungo un versante calcareo, dal quale ammirerai le verdi montagne del Marganai. La miniera è una delle tappe del Cammino minerario di santa Barbara, patrona dei minatori: è un itinerario ad anello di 500 chilometri da percorrere a tappe a piedi o in mountain bike all’interno di Sulcis-Iglesiente e Guspinese che coniuga miniere, mare, montagne e luoghi di devozione.