All’ingresso del paese noterai due antichi edifici affiancati ma distanti nel tempo e nell’architettura: i ruderi della torre del castello medioevale e il grande palazzo baronale, testimonianza ‘viva’ del XVII secolo. Senis è un paesino di 450 abitanti dell’alta Marmilla, dal glorioso passato, specie sotto il giudicato d’Arborea, nella curatoria di Parte Valenza e Brabaxianna. Era la ‘porta’ verso le Barbagie: perciò, attorno al XIII secolo, fu costruita con funzione difensiva una fortezza sul colle di Funtana Menta, ‘balcone’ naturale sulla vallata del Flumini Imbessu. Rimangono in piedi i resti della torre rettangolare alta dieci metri e un ambiente interrato per la raccolta dell’acqua. Quattro secoli dopo il borgo fu scelto come residenza nobiliare. Separato dalla torre giudicale da un cortile, ammirerai il palazzo baronale, risalente al 1662, testimone dell’allora ruolo centrale del paese e custode del ricordo di vicende feudali.
L’architettura, restaurata, è composta da casa padronale a due piani, stalle, piccolo carcere e tancato is Nueddas, in origine giardino. Lungo il pendio de su Casteddu si adagia l’abitato a forma circolare, composto di antiche case e disposto intorno alla cinquecentesca parrocchiale di san Giovanni, che conserva l’altare del Rosario e la base dell’altare maggiore del 1608. Il patrono è celebrato a fine giugno con una processione accompagnata dai gosos, canti liturgici, ai quali a inizio ottobre è dedicato un convegno sa pratza de preguntas et torrida. L’altra chiesa del paese è intitolata ai santi Cosma e Damiano, celebrati a fine settembre. L’evento più atteso è la sagra della lumaca, a inizio agosto, con degustazione di prelibate ricette.
Altri due dolci rilievi ‘sorvegliano’ il paese, i colli di Giuerri e di santa Vittoria, sulla cui cima emergono i resti di un misterioso edificio, circondato da un villaggio, dove è venuta alla luce una pietra sacrificale. Sui rilievi si alternano pascoli, coltivazioni, sugherete e macchia mediterranea: dall’allevamento si ottengono squisiti formaggi, ricotte e carni, da vigneti, mandorleti e vetusti e contorti olivi provengono rinomati vini, le mandorle base dei dolci tradizionali e ottimo olio extravergine. Su una sponda dell’Imbessu, circondato da ‘gallerie’ di frassini, pioppi e salici, ti apparirà la seicentesca fontana spagnola, opera architettonica e scultorea unica, scolpita nella trachite di vari colori da scalpellini di Laconi e avvolta da ‘chiome’ di roverelle ed edera in uno scenario fiabesco. Ne vedrai il mascherone dalle cui fauci sgorgava l’acqua, cinto da due cigni in bassorilievo e altri ornamenti.
Le tracce del passato ‘neolitico’ emergono ovunque, specie schegge di ossidiana e frammenti di terracotta. Un altopiano è noto come Bidda ‘e perda, ‘paese di pietra’, nome derivato dalle rovine di ben tre torri nuragiche, menhir antropomorfi e rare statue-stele istoriate che evidenziano il legame col Sarcidano. Le altre colline sono coronate da otto complessi nuragici, tra cui l’imponente e ben conservato nuraghe Senis Mannu, con copertura a tholos. Altro colosso è il nuraghe Casteddu, condiviso con Asuni.