Aniconici o antropomorfi, lavorati ‘a martellina’, decorati con simboli arcani: i menhir della Sardegna rappresentano uno dei più affascinanti rompicapi dell’archeologia isolana. I monoliti infissi sul terreno – in sardo perdas fittas – compaiono nel Neolitico recente e durante l’Eneolitico, ovvero attorno al III millennio a.C. Forse rappresentavano personaggi divinizzati, spesso infatti si trovano in aree sacre o funerarie. Tra i motivi scolpiti nella loro superficie si trovano caratteri ‘umani’ (nasi, sopracciglia, seni) e simboli, come il ‘capovolto’ e i pugnali. Il primo sarebbe la raffigurazione dell’anima del defunto, ‘migrata’ in una dimensione opposta a quella dei vivi. I secondi potrebbero riferirsi a figure di eroi celebrati come dei. Il viaggio alla loro scoperta parte dal Gerrei e conduce al centro dell’Isola, attraversando Trexenta e Sarcidano, per concludersi tra i boschi del Mandrolisai.
Percorso: 94 chilometri
Tempo di percorrenza: due ore
In un bosco di querce secolari a tre chilometri dal paese sorge il parco archeologico di Pranu Muttedu, ampio circa 200 mila metri quadri e diviso in due parti. A nord, il villaggio; a sud, le aree funerarie, corredate da una delle più alte concentrazioni di menhir dell’Isola: circa 60, distribuiti in coppie, allineamenti o gruppi e inseriti anche nelle tombe. A poca distanza ci sono anche domus de Janas e nuraghe Goni, poi è tempo di dirigersi a nord-ovest, verso Laconi.
Impossibile approfondire la conoscenza delle statue-menhir preistoriche senza visitare il museo a loro dedicate. Nel bel palazzo Aymerich, al centro di un borgo dalle mille attrattive, archeologiche, naturalistiche e ‘spirituali’, è esposta una collezione di 40 monoliti, testimonianza dell’evoluzione della statuaria prenuragica nel Sarcidano. Facendo una deviazione a ovest di circa 22 chilometri se ne può osservare uno colossale, alto sei metri: quello di monte Corru Tundu, a Villa Sant’Antonio.
Dopo il museo, si torna a osservare i menhir in situ. Corte Noa è solo una delle tante aree del territorio laconese ad aver restituito perdas fittas. Qui se ne osservano sette, sei allineati e uno scivolato più a valle. Sono protoantropomorfi, cioé con fattezze umane appena abbozzate. A pochissima distanza si osserva anche un dolmen a galleria, ‘antenato’ delle tombe di Giganti. Altri menhir si trovano nelle località Is Cirquittus, Masone Perdu e Piscina ‘e Sali.
L’itinerario si conclude in uno dei santuari prenuragici più affascinanti della Sardegna, nonché il sito con la più alta concentrazione di menhir del Mediterraneo. A Biru ‘e Concas, a otto chilometri da Sorgono, tra sughere e lecci si trovano nuraghe, muraglia megalitica e sopratutto 200 menhir disposti in due allineamenti, trenta dei quali ‘schierati’ in doppia fila, mentre circa 170 sono distesi al suolo. Trasmettono suggestioni da brividi.