Nel centro storico di Ghilarza visse, tra 1898 e 1914, Antonio Gramsci, ideatore e fondatore del partito comunista italiano, nonché uno degli intellettuali più influenti del Novecento europeo. La sua modesta dimora evoca l’immagine di una famiglia che, in ristrettezze economiche, gli trasmise i valori fondanti della sua opera. Qua passò infanzia e adolescenza, educato da una madre colta e sensibile. Frequentò elementari a Ghilarza, ginnasio a Santu Lussurgiu e liceo a Cagliari, dove iniziò a partecipare a ‘battaglie’ per l’affermazione del libero pensiero. Si distinse per interessi culturali, letture e tendenze per scienze e matematica. Iniziò a scrivere, notato dal direttore dell’Unione Sarda. Conclusi brillantemente gli studi, si trasferì a Torino ma l’interesse per la sua terra rimase sempre vivo.
Nel 1965 il Pci acquistò la casa ghilarzese e ne fece un centro di documentazione e ricerca. Per trasformarla in museo, fondamentale fu l’opera delle nipoti e di intellettuali, tra cui Vando Aldovrandi. A loro si deve anche la promozione delle celebrazioni gramsciane: il 27 aprile, Ghilarza diventa luogo di ritrovo e omaggio a un ideologo tradotto in tutto il mondo. La casa è sede dell’associazione che gestisce il museo. A fine 2016, è nata la Fondazione Casa Gramsci.
Il percorso museale, con immagini, documenti, effetti personali e testimonianze, ti farà rivivere le tappe significative della sua vita: studi e pensiero, attività giornalistica e politica, carcerazione e malattia. È articolato in sei sale, su due piani. Nella prima stanza, è riprodotta, ingigantita, la lettera alla madre, nella quale ricorda di scontare la pena per non aver mutato opinioni. Segue l’ex cucina, ora luogo di incontro e studio. Un terzo ambiente ospita la biblioteca: tremila volumi su storia del movimento operaio, pensiero e opera gramsciana. Dall’ingresso una scala ti condurrà al piano superiore, dove è ricostruita una camera da letto del periodo. Una nastroteca conserva testimonianze di quaranta personaggi che lo conobbero, tra cui Pertini e Terracini. Su una parete è riprodotta la cella del carcere di Turi dove fu rinchiuso.