Il castello di Medusa è equidistante da Samugheo e Asuni. Per raggiungerlo si lascia la SS 131 poco prima di Uras, prendendo la SS 422. Superato l'abitato di Nureci si imbocca a s. la SP 38 verso Asuni. Dopo qualche km si avvista il castello. Il contesto ambientale Il castello di Medusa sorge a picco sulla gola formata dal Riu Araxisi. Scendendo più a valle questo fiume diventa Riu Majori e dà vita alla gola di "Mitza sa canna", dalle pareti calcaree ricche di grotte e vegetazione. L'importanza della fortificazione dipendeva dal ruolo di controllo del territorio e di protezione dalle scorrrerie operate dai barbaricini che abitavano l'interno della Sardegna, a danno dei ricchi centri della pianura e della costa. Descrizione Le indagini archeologiche hanno permesso di datare la prima fase dell'insediamento nel castello di Medusa al IV-V secolo d.C. Una seconda fase si colloca nel VI secolo, mentre la terza risale al VII-VIII secolo. Le strutture più recenti sono state realizzate tra il X ed il XII secolo. La prima menzione archivistica potrebbe rintracciarsi in un documento del 1189, nel quale si fa riferimento a un ''Castrum Asonis'' che è probabilmente da identificare con la stessa struttura fortificata. In quell'anno il castello fu ceduto dal giudice Pietro I d'Arborea al comune di Genova e dopo poco recuperato dal sovrano dietro la promessa di un ingente pagamento. I resti materiali della fortificazione sono immersi in una fitta vegetazione, che ne rendono difficoltosa l'analisi in dettaglio. Restano solo tratti delle mura, che dovevano recingere un'area di circa 540 mq, una cisterna, e i resti di due torri. Numerose leggende circolavano e circolano tutt'ora sulla presenza, nel castello, di una fantomatica regina Medusa. Curiosa è fra l'altro la vicenda, a metà strada fra realtà e fantasia, narrata in un documento dell'Archivio di Cagliari. Durante la detenzione in un carcere piemontese nel XIX secolo un bandito, tal Pietro Perseu, raccontava di come durante la sua latitanza fosse capitato tra le rovine del castello di Medusa e, scendendo una scala di marmo, si fosse ritrovato in una sala meravigliosa piena di gioielli, armi e oggetti di valore. Il bandito scrisse al Ministro chiedendo la grazia nel caso fosse riuscito a trovare la stanza del tesoro, ma una volta accompagnato sul posto non ritrovò né le scale né la sala, non ottenendo la grazia e nemmeno riuscendo a fuggire. Storia degli studi Sono pochissime le notizie storiche sul castello di Medusa, a dispetto delle leggende fiorite intorno alla sua origine. Alberto Della Marmora nel 1860 e il canonico Giovanni Spano nel 1861 diedero l'avvio all'analisi dei ruderi, seguiti dagli studi più recenti di Giorgio Cavallo nel 1981 e di Giorgio Farris nel 1988. Agli anni Novanta del secolo scorso risalgono i contributi di Foiso Fois e Mauro Perra. sempre del 1992 è la monografia di Dolores Turchi sulle leggende che aleggiano intorno al castello. Infine del 2003 è l'articolo di Joan Armangué y Herrero dal titolo ''Perseo e Medusa nell'immaginario tradizionale: ricerche di tesori nel castello di Samugheo''. Bibliografia G. Spano, ''Castello di Medusa'', in [i]Bullettino Archeologico Sardo[/i], III, 1861, p. 7. G. Cavallo, ''Il castello di Medusa. Un antico castrum bizantino'', in [i]Archeologia Sarda[/i], 1, 1981. G. Farris, ''Nel castello di Medusa le impronte di una triste leggenda medioevale'', in [i]Quaderni Oristanesi[/i], 17-18, 1988, pp. 3-17. F. Fois, [i]Castelli della Sardegna medioevale[/i], a cura di B. Fois, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1992, pp. 147-151. D. Turchi, [i]Samugheo: il fascino delle più arcaiche tradizioni della Sardegna centrale attraverso la storia, i racconti, le leggende e le preghiere del paese sul quale aleggia ancora il mistero del castello di Medusa[/i], Roma, 1992. J. Armangué y Herrero, ''Perseo e Medusa nell'immaginario tradizionale: ricerche di tesori nel castello di Samugheo'', in [i]Roccas: aspetti del sistema di fortificazione in Sardegna: atti degli incontri sui castelli in Sardegna (2002) dell'Arxiu de tradicions[/i], a cura di S. Chirra, Oristano, 2003, pp. 105-120.