Si inerpica sulle pendici occidentali della catena del Monte Albo, tra boschi di leccio, tassi, ginepri e macchia mediterranea dove vivono mufloni e nidificano aquile reali. Lula è un centro di mille e 400 abitanti a quaranta chilometri da Nuoro, con una lunga storia, dal Neolitico al recente passato legato allo sfruttamento delle miniere d’argento e piombo di sos Enattos e Guzzurra-s’Arghentaria, oggi inserite nel parco Geominerario della Sardegna. L’attività estrattiva risale almeno a epoca romana, quando ci lavoravano schiavi condannati ad metalla. L’apice produttivo a cavallo tra XIX e XX secolo, poi un lento declino, sino alla chiusura negli anni Novanta. A Lula andò in scena uno dei primi scioperi di minatori (1899), finito tragicamente. Oggi visiterai gallerie, laveria e macchinari di sos Enattos.
I lulesi erano anche produttori di carbone di legna, molto richiesto, e di calce. I siti d’estrazione sorgono in paesaggi spettacolari cui contribuisce la dorsale dell’Albo, imponente bastione che domina la Baronìa con gole, doline, grotte e vette oltre i mille metri. La ‘dolomite sarda’ ha itinerari di trekking in luoghi suggestivi: canyon di sas Piperai, punta Caterina, valico di Janna di Murai e sa Tumba ‘e Nurai. Dove il verde si dirada, affiorano paesaggi ‘lunari’. Le falesie offrono decine di vie per gli appassionati di arrampicata. Monte e territorio lulese sono stati abitati da età prenuragica: significativi le concas de Omines Agrestes e de Crapas e la domu de Janas di Mannu ‘e Gruris. Le maggiori testimonianze dell’età del Bronzo sono il nuraghe Littu Ertiches, costruito con massi calcarei, il villaggio di punta Casteddu, il nuraghe ‘a corridoio’ a Pretichinosu, quello complesso di Colovros, l’insediamento di s’Aliterraglia e i resti di un tempio per il culto dell’acqua a Untana ‘e Deus.
Tre le chiese ‘cittadine’: la parrocchiale di santa Maria Assunta e due dedicate alla Madonna, degli Angeli e di Valverde (inizio XVIII secolo). In campagna, a due chilometri da Lula, c’è l’edificio di culto più famoso: il santuario di san Francesco d’Assisi, meta di pellegrinaggi e di due celebrazioni, a inizio maggio e a inizio ottobre (descritta da Grazia Deledda in ‘Elias Portolu’), cui è legata la preparazione di un pietanza unica, su filindeu. A settembre tre feste: Madonna del miracolo, san Nicola e san Matteo, con cene a base di pecora bollita e sanguinaccio. Altra tradizione radicata è su Carrasecare luvulesu, uno dei carnevali più particolari dell’Isola. Protagonista la maschera de su Battiledhu (‘vittima’), vestito di pelli nere, con viso sporco di fuliggine e sangue e copricapo con corna, tenuto da un fazzoletto femminile. L’origine è da ricercare in riti arcaici di fecondazione della terra col sangue. Ad avviare il carnevale, a metà gennaio, l’accensione dei fuochi di Sant’Antonio abate, tra canti, vini e dolci tipici, come s’aranzada.