Lo scrittore Lawrence ne rimase così colpito da dedicargli un capitolo dell’opera ‘Mare e Sardegna’ (1924): Sorgono si erge nel centro dell’Isola, a 700 metri d’altezza sul versante occidentale del Gennargentu, attorniato da boschi di conifere, lecci, roverelle, castagni, noccioli e macchia mediterranea, popolati da mufloni, cervi, daini (nella riserva di santu Loisu) e sorvolati da aquila reale e falco pellegrino. Il borgo, di mille e 700 abitanti, è centro nodale del Mandrolisai, la più sud-occidentale delle Barbagie, luogo di radicate tradizioni e incroci linguistici: vi si parla il sardo ‘di mezzo’. Il territorio offre paesaggi montani granitici scolpiti dal vento e panorami suggestivi sull’altopiano di Iscalas, a Serra Longa e nelle foreste di monte Littu e di Uatzo, attraversata da sentieri di trekking e dalla ferrovia del Trenino verde, che ha la sua stazione capolinea in paese.
Da circa 50 sorgenti nelle pareti rocciose del territorio sgorga acqua ‘salutare’: spiccano le fonti di Perda ‘e Mantza e Erriu de Sauccu. I monti si alternano a morbide colline coltivate a cereali e vitigni di cannonau, monica e bovale da cui deriva il mandrolisai. A ottobre il famoso vino è protagonista, insieme ai piatti tradizionali, tra cui la gustosa zuppa di lampazzu, durante la festa de sa Innenna, che fa parte del circuito di Autunno in Barbagia.
Le prime notizie del paese sono del 1180. Fu poi ‘signoria utile’ durante la dominazione aragonese, di cui restano tracce nell’architettura del centro storico, fatto di case in pietra in intricate stradine. Risaltano la seicentesca casa Carta e la casa-museo Serra con antichissimi arredi. L’arte di intaglio e incisione è espressa dal museo del legno. L’esposizione è allestita in un edificio con giardino, al centro del quale c’è la seicentesca artistica Funtana Lei. Di forme tardogotiche era anche la parrocchiale di santa Maria Assunta, costruita nel XVI secolo e poi modificata. Gli altri edifici di culto sono fuori dal borgo: Nostra Signora d’Itria, a circa mille metri in sa Pala ‘e Cresia, San Giacomo, in origine chiesa del villaggio abbandonato di Spasulé, e il santuario di san Mauro, formato da chiesa tardogotica e muristenes (alloggi per pellegrini e fedeli durante la festa di fine maggio) e circondato da alberi secolari sulle pendici del monte Lisai. È uno dei luoghi di culto simbolo della Sardegna. La chiesa, del 1574, è lunga 30 metri e larga nove: sulla facciata in trachite grigia occhieggia un rosone gotico, di gran lunga il più grande dell’Isola. All’esterno noterai la stele della vicina tomba di Giganti di Funtana Morta, sepoltura collegata al protonuraghe Talei, che sorge a poche centinaia di metri. Un’altra ventina di nuraghi, tra cui Orrubiu, Calamaera e Lò, altre dieci tombe di Giganti e il villaggio di Ruinacchesos documentano l’età del Bronzo. La grande attrattiva archeologica è il parco archeologico di Biru ‘e Concas, dove risiede una delle più straordinarie concentrazioni di menhir del Mediterraneo, circa 200, tra protoantropomorfi, antropomorfi e statue-menhir, databili tra 3200 e 1800 a.C., circondati da una muraglia che forse delimitava l’area sacra. Ovunque, passeggiando nel parco, vedrai sculture preistoriche, sole o disposte in coppie, triadi, circoli e allineamenti (anche di venti pietre monumentali). Alla stesso periodo risalgono le domus de Janas di Perdonigheddu e Santu Loisu.